I lentinesi, popolo di cosmopoliti, sono discendenti di uno
dei più noti filosofi dell’antica grecia: Gorgia. Nato, infatti , a Lentini nel
483 a.C.,discepolo
del filosofo Empedocle e dei retori siracusani Corace e Tisia, subì anche
l’influenza della scuole pitagorica ed eleatica. Ad Atene si contraddistinse da
subito per la sua eloquenza. Compì tanti altri viaggi in Tessaglia, in Beozia,
ad Argo, a Delfi e a Olimpia, dove pronunciò discorsi memorabili e scrisse opere
che resteranno indelebili per la loro unicità. Bisogna sottolineare come Gorgia
sia il primo nella storia, a prendere, in una delle sue opere maggiori ovvero
l’Encomio di Elena, le difese di una donna; e non di una donna qualunque, ma di
colei che nella tradizione ellenica era considerata il prototipo della donna
che è causa di guai, un po' come Eva nella tradizione e nella subcultura
cristiana.
Infatti la
figura di Elena, figlia di Zeus e di Leda, è stata una delle figure più
criticate nel mondo greco, poichè si narra che a causa del suo rapimento
scoppiò la guerra di troia. Gli autori greci, di conseguenza, la descrissero
spesso come una donna di facili costumi: Eschilo la definisce “donna dai molti
uomini” e “rovina di navi, rovina d’eroi, rovina di città”. Anche Euripide,
nelle Troiane, descrive Elena come la grande meretrice che, scappata con
Paride a Troia, causò lo scoppio della guerra. Sebbene, Gorgia abbia scritto
l’opera sotto forma di “esercitazione”, il gesto, di prendere le difese delle
donna prototipo di guai, risulta certamente provocatorio e
anticonformista per la mentalità dell'epoca (... e non solo!). Per il nostro concittadino sarebbe
stato sicuramente più facile, e perché no anche più popolare, trattare la
storia dagli stessi punti di vista dei suoi “colleghi”, seguendo le stesse idee
che circolavano allora in Grecia : ma egli non si accontentò! Distinguendosi da
tutti, portando in alto il nome della città che gli diede i natali, elaborò un
testo ricco di passione e di lucidità, in cui i suoi distinguo approdano a
sapienti analisi dell’esperienza umana nelle sue articolazioni e nelle sue
complessità.
Egli ancora oggi risulta, per noi giovani e non solo, un
esempio da seguire; con le sue dottrine ha regalato al mondo non delle “fredde”
lezioni, ma una filosofia di vita che i lentinesi per primi dovrebbero seguire.
A tal proposito concludo con un suo pensiero, che sebbene di lunghezza discreta
conserva in esso una molteplicità di significati che noi tutti dovremmo
apprendere: “È decoro allo stato una balda gioventù ; al corpo,
bellezza; all’animo, sapienza; all’azione, virtú; alla parola, verità. Il
contrario di questo, disdoro.”
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