“ Non mai, credo, la
vita nostra eticamente ed esteticamente fu più disgregata. Slegata , senz’alcun
principio di dottrina e di fede, i nostri pensieri turbinano entro i fati
attuosi, che stan come nembi sopra una rovina […] Aspettiamo e invano pur
troppo! Che sorga finalmente qualcuno ad annunciarci il verbo nuovo”
(Pirandello, Arte e coscienza d’oggi).
Mai come adesso queste parole risuonano di
“verità assoluta”. Tutti noi, infatti, nel nostro destino operoso, siamo
travolti dalla modernità che influenza le nostre idee come una forza cieca e
incontrollabile.
Proprio nella modernità Pirandello vede la
crisi dell’ideologia e dei valori culturali e morali. Nell’arte e nella coscienza d’oggi egli descrive la crisi
intellettuale e morale di cui la sua generazione, come anche la nostra, è
afflitta, individuandola nell’incapacità di elaborare valori nuovi e
autentici.
Tutto oggi ruota
attorno al “dio” denaro. Le ragioni economiche, infatti, dominano adesso su
qualsiasi ideale e hanno prevaricato quella prospettiva di valori, altri,
diversi, positivi.
La società
contemporanea ci ha insegnato ad amarci, ma non ad amare; a specchiarci per
vedere il bello che c’è in noi, ma non ci ha insegnato a guardare gli altri
negli occhi per “leggere” ciò che di bello e di profondo possono trasmetterci.
E in un mondo dove conta l’apparenza e non l’essenza siamo abituati a fermarci
all’esteriorità senza andare oltre. Senza provare a riflettere sul perché molti
anziani si vestano in maniera grottesca o perché molti ricorrano alla chirurgia
plastica per sembrare più giovani fin a trasformare il loro viso in quello di
una mummia.
Tutto ciò ci fa ridere,
ma molte volte non ci fa riflettere sul perché quella persona vuol essere diversa da quello che è. “Non ci
fermiamo alle apparenze” diceva Pirandello“ciò che inizialmente ci faceva
ridere, adesso ci farà tutt’al più sorridere”. Solo per mezzo della riflessione
possiamo superare l’apparenza e passare dall’avvertimento del contrario al
sentimento del contrario. La riflessione è come un diaframma tra l’oggetto
rappresentato e il sentimento, in quanto essa scompone, esamina e giudica
l’oggetto; dopo la riflessione interviene la partecipazione emotiva come
reazione alla rivelazione che la riflessione ha prodotto. Con la partecipazione
emotiva si genera una sorta di compassione per quel personaggio che non ci farà
più ridere, ma provocherà in noi un sorriso amaro di comprensione.
Pirandello ,tuttavia,
come scrive anche Umberto Artioli, non deve essere visto come critico della
società, ma bensì come cantore degli archetipi, di un antica realtà
antropologica fatta di uomini che fingono di essere ciò che non sono. Sarah
Zappulla Muscarà nell’introduzione di “Tutto il teatro in dialetto” spiega la
forza interiore che spinge Pirandello a scrivere le sue opere ed in un secondo
momento, quando le parole non bastavano più, a rappresentarle in teatro .”Non
potevo più limitarmi a raccontare” scrive Pirandello “mentre tutto intorno a me
era azione. […] Le parole non potevano più restare scritte sulla carta,
bisognava che scoppiassero nell’aria,dette o gridate". Come si deduce, il
tempo scorre, ma gli uomini non cambiano perché oggi, come ieri, essi non sono
persone, cioè soggetti integri, coerenti, ma personaggi, in quanto soggetti a
recitare una parte all’interno della commedia sociale. Ogni uomo, insomma, porta per necessità una
maschera e recita il ruolo che la società o le convenzioni o i propri ideali
astratti gli impongono.
Tutti noi siamo
personaggi costretti a recitare uno specifico ruolo sociale. Ma, affinchè la
nostra vita non sia un’eterna commedia dobbiamo mettere giù la maschera che la
società ci impone e cominciare ad essere uomini dotati di sentimento e di
intelletto. Alessandra Baudo
Pirandello ha veramente saputo interpretare alla perfezione la condizione di profondo disagio dell'uomo nella società: solo, eppure sotto la lente deformante e invadente dei suoi simili; claustrofobico nella personale "stanza della tortura" che è la sua esistenza individuale (per usare la famosa immagine di Giovanni Macchia); malato perchè lontano dalla vera libertà che si realizza solo nell'arte o a contatto con la natura incontaminata; corrotto, infine, perchè sempre più distante da ogni luce di salvezza e di morale cristiana secondo percorsi critici meno battuti come quello di Pietro Mignosi.
RispondiEliminaLa selva di interpretazioni a volte anche contraddittorie, e l'interesse sempre vivo di critica e pubblico nei confronti dell'autore ci fa capire, come ha ben scritto Alessandra Baudo, la profonda attualità dell'opera di Pirandello.
Silvia Freiles